giovedì 4 gennaio 2018

Roma, nigeriana 18enne costretta a prostituirsi denunciò i suoi aguzzini. Quattro arresti

Chiusa l’inchiesta nei confronti dei suoi aguzzini. Charity, che oggi vive in Germania, sarà parte civile al processo: era stata attirata in Italia con la promessa di un lavoro.


Certe ragazze si fanno regali speciali. Il 27 gennaio 2015, il giorno successivo al suo diciottesimo compleanno, Charity Aibangbee fa due passi in via di San Vitale, entra in Questura e chiede di essere ascoltata. Dentro di sé il tumulto della ribellione: lei sottoposta a cerimoniali woodoo per soffocare la voglia di autonomia; lei fatta venire dalla Nigeria per prostituirsi sulle vie di Maccarese; lei, ragazzina costretta a fingere libido, ha deciso di denunciare ogni cosa. Spaventata ma imperterrita.

Da quei verbali della Squadra mobile è nata un’inchiesta che ha ricostruito una rete di sfruttatori fra la città di Roma e il suo litorale, e ora Florence Omorowa (la mamam), Marco Masini (un italiano proprietario dell'appartamento in cui viveva sia la ragazza che la sua mamam), Grace Andrew e Gumice Sofia Julius, tutti arrestati il 2 gennaio, rischiano il processo per tratta e sfruttamento della prostituzione. Il pm Barbara Zuin ha appena concluso gli approfondimenti e Charity, volata nel frattempo in Germania, sarà parte civile al dibattimento.

Il suo racconto è confluito nell'ordinanza di arresto del gip Costantino De Robbio. Con la promessa di un lavoro da parrucchiera o baby sitter in Europa la ragazza viene sottoposta a riti di magia nera. Gli stregoni che operano fra Nigeria e Senegal sono in contatto con la Omorowa che, dall’Italia, si occupa del reclutamento delle ragazze, esplorando perfino il loro profilo Facebook.

Dal momento del rito woodoo le ragazze perdono autonomia e vengono considerate di proprietà della mamam. «La Omorowa, si legge nelle carte, redarguisce per telefono una delle ragazze ricordandole brutalmente “tu appartieni a me”». Di fronte al caso di una ragazza rimasta incinta prima di partire, sempre la Omorowa dispone l’indiscutibile rimedio: «Un cocktail di alcol e un farmaco da lei stessa indicato per procurare l’immediato aborto della donna e non compromettere le sue aspettative economiche»

Charity trascorre 8 mesi in Senegal in una connection house assieme ad altre. Ha 17 anni, nella mente le si affacciano le immagini ipnotiche dello stregone. Una volta a Roma, Mama Isigbe (la Omorowa) le ordina di distruggere il suo documento di identità e si fa consegnare anche quello falso «privandola della possibilità di scappare e consegnandola ancora di più nelle sue mani». E gli aguzzini le chiedono 65 mila euro: soldi, dicono, per farla arrivare in Italia.

Nel frattempo viene disposto «lo spossessamento del cellulare, il cui numero era ovviamente conosciuto solo da lei e dai suoi contatti italiani»

A quel punto Charity non poteva più essere rintracciata dai parenti, né lei mettersi in contatto con loro. Ogni legame con la sua esistenza precedente si era concluso. Inizia a prostituirsi. Anche l’ultimo centesimo guadagnato viene consegnato ai suoi sfruttatori. Eppure, dentro, Charity, ha fiducia. Pensa di uscirne. Ne parla con un’amica. Giura che appena compiuti 18 anni denuncerà. Così scappa.

I suoi sfruttatori la cercano. La Omorowa per testare la sincerità della madre che assicura di non essere in contatto con la figlia, parla di «portarla da un santone per farle giurare che quanto riferito fosse la verità». Ma è tardi. Charity si è già ripresa la propria vita.
(Corriere della Sera)

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