sabato 22 agosto 2015

Prudence e le altre che non possono tornare in Nigeria

In Nigeria, soprattutto nel nord-est della Nigeria gli attentati di matrice islamica sono quasi quotidiani, centinaia le bambine usate come bombe umane, migliaia i morti (4.000 solo nel 2015, quasi 20.000 in sei anni). E poi rapimenti, attacchi e distruzione di interi villaggi, massacri indiscriminati. Questo è quello che sta provocando Boko-Haram, islamici integralisti affiliati all'ISIS in Nigeria.

Da tutto questo è fuggita anche Prudence, lei stessa vittima di Boko Haram nell'attentato che colpì Abuja, la capitale della Nigeria nell'aprile dello scorso anno. Un attentato che provocò 80 morti e 200 feriti in una stazione di autobus. Prudence rimase in ospedale per due mesi, ma ancora oggi sul suo corpo ci sono i segni del fuoco della bomba che la colpì quel giorno.

Quotidiani orrori che la civile e cristiana Europa sembra ignorare, ma Prudence è fuggita da tutto questo, e per fuggire da tutto questo ha subito ogni sorta di violenze nelle prigioni libiche.

Prudence
Prudence ha lo sguardo dritto mentre piange disperata. Mostra le cicatrici che il fuoco ha lasciato sul suo corpo e ripete "questa sono io". Non è facile vedere una donna nigeriana piangere in pubblico, e i lo so, eppure Prudence si mostra anche alle telecamere.

Lo fa per lanciare un grido disperato di aiuto, la violenza di Boko Haram le rimarrà impressa per sempre. Il dolore provocato dall’esplosione che ha ucciso ottanta persone e ha ferito lei assieme ad altri 200, l’ha accompagnata in questi otto mesi di fuga senza cure adeguate che l’hanno portata fino in Italia. Ma il suo pianto, il suo grido disperato non serve a mitigare quella sofferenza, serve piuttosto a dire: "guardatemi perché esisto, questa sono io".

Prudence è rinchiusa nel Centro di Identificazione ed Espulsione di Ponte Galeria, nei pressi di Roma, con un decreto di espulsione che pende sulla sua testa. È rinchiusa nel CIE assieme ad altre 64 ragazze nigeriane, sfuggite alla violenza ottusa degli integralisti islamici di Boko Haram, agli stupri e all'inferno della Libia, sopravvissute alla traversata del Mediterraneo e ora chiuse nel CIE con un decreto di espulsione.

Prudence è vittima di tratta, destinata (quasi certamente) alla prostituzione assieme alle altre. Al termine di un percorso infernale avrebbero trovato la strada, il marciapiede, ancora soprusi, violenze, sfruttamento e nessuno capace di vedere la loro esistenza. Invece sono chiuse nel CIE.

Rischiano di tornare indietro Prudence e le altre, rischiano di ripartire dal via in questo gioco ottuso messo in moto da leggi ottuse e dalla incapacità di guardare e di capire e di prendere decisioni giuste.

La storia di Prudence non l’avremmo mai conosciuta se non fosse stato per le associazioni che l’hanno scoperta e denunciata come "A Buon Diritto", "Bee Free", "Foundation for Africa", e alla campagna LasciateCIEntrare. Intorno a loro le antenne, i mezzi di comunicazione erano spenti come se fossero nei villaggi in cui Boko Haram cancella ogni possibilità di comunicare con il resto del mondo. E si perché l'integralismo islamico nigeriano distrugge tutto e prima di andarsene dai villaggi che brucia si accerta anche di distruggere tutte le antenne di telecomunicazioni, tutte le linee telefoniche, tutto ciò che permette ai superstiti di comunicare con il mondo esterno.

Una delle regole del giornalismo dice che le notizie sono più rilevanti se avvengono vicino a noi, se ci coinvolgono, ma forse è una regola che andrebbe rivista dal momento che le vittime di quelle violenze lontane vengono da noi a mostrarcene gli effetti e ci chiedono aiuto, ci chiedono di guardarle e di ascoltarle, ci chiedono di agire.

La strage che ha ferito Prudence (Abuja, aprile 2014) ha fatto 80 morti e 200 feriti feriti, una esplosione alla stazione degli autobus. Quasi lo stesso bilancio tragico, la stessa dinamica della strage di Bologna del 1980. Voi europei, voi italiani, non siete poi così distanti, dovreste capire il dolore di chi quel dolore lo ha attraversato.


"Due mesi in Libia sono come cento anni all'inferno". Sopravvissuta a Boko Haram e torturata in Libia. La nigeriana Prudence ne ha vissuto più di uno di inferno.

È sopravvissuta alla furia di Boko Haram, in Libia è stata imprigionata e picchiata. Ora è rinchiusa nel CIE di Ponte Galeria (Roma) con un provvedimento di espulsione. Questa è la storia di Prudence.

Assieme a lei ci sono altre 64 ragazze sue connazionali, alcune fuggite dagli orrori di Boko Haram, altre certamente vittime della "mafia nigeriana", destinate al racket della prostituzione in Italia, tutte non possono più tornare indietro.

Noi diciamo NO alla loro "espulsione", queste ragazze hanno bisogno del riconoscimento dello status di "rifugiato" e di "protezione sociale" e non di essere espulse
Firma la Petizione
#FreeOurGirls .. Liberiamo Prudence e le altre Nigeriane

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