mercoledì 1 luglio 2015

Torino, condannato a 25 anni l'uomo che uccise una ragazza nigeriana nel 2011 e poi descrisse il delitto in un romanzo

Anticipò delitto in un romanzo, Ughetto Piampaschet condannato a 25 anni e mezzo di carcere. La sentenza di appello ribalta l’assoluzione del primo grado. Il 37enne ritenuto colpevole dell’omicidio di Anthonia Egbune, ragazza nigeriana assassinata nel 2011.

Anthonia aveva solo 20 anni e veniva costretta a prostituirsi dalla mafia nigeriana nel torinese. Per Anthonia quell'uomo che l'ha uccisa era solo un cliente troppo assillante. Quell'uomo che la sera del 27 novembre 2011 la aggredì con un coltello colpendola ripetutamente con ferocia anche in viso e che poi la gettò nel fiume.

Il corpo di Anthonia venne ritrovato solo tre mesi dopo, nel febbraio 2012. Tre mesi nei quali nessuno la cercò seriamente fino a quando il grande fiume Po' restituì il suo corpo deturpato dal tempo e dalla furia omicida del suo assassino.

Daniele Ughetto Piampaschet è stato incastrato da poche pagine uscite da una stampante casalinga e rilegate con una copertina di plastica rossa, come quelle delle tesine scolastiche. Poche pagine scritte da lui stesso e cariche di odio e furia che i carabinieri hanno ritrovato, nel febbraio del 2012, nella casa della 20enne nigeriana uccisa, Anthonia Egbuna, appena ritrovata cadavere nel Po'.

Quelle pagine ritrovate nella sua abitazione erano "La rosa e il leone", un romanzo scritto da Ughetto Piampaschet in cui il 37enne torinese aveva quasi anticipato il delitto per cui oggi, a più di tre anni dal fatto, è stato condannato a 25 anni e sei mesi di carcere.

Lo ha deciso la corte d’Assise d’appello di Torino che ha ribaltato così la sentenza di assoluzione del primo grado. "Sono innocente, questa decisione tutela una banda di mafiosi", ha dichiarato l’aspirante scrittore. Lui, infatti, fin dall’inizio ha sempre sostenuto che a uccidere la donna fossero stati esponenti delle organizzazioni criminali che sfruttavano la prostituzione a Torino e provincia. Non gli hanno creduto.

Il libro e le frasi. Da subito il racconto scritto da Piampaschet ha destato più di un sospetto negli inquirenti. Nel suo romanzo il giovane laureato in filosofia raccontava infatti una storia troppo simile alla realtà. Quella di una prostituta nigeriana e della sua relazione con un cliente italiano che la voleva redimere. E che, di fronte al suo rifiuto, decideva poi di ucciderla.

"Lui l’amava e l’amava sempre di più ma lei non voleva saperne di lasciare la strada. Tutti i suoi tentativi di convincerla a cambiar vita erano falliti. E per questo si era trasformata nella sua torturatrice". Nel romanzo la prostituta veniva però uccisa a colpi di fucile mentre sul corpo di Anthonia, scriveva il medico legale, c’erano "numerose e profonde ferite da arma da punta o taglio inferte al capo, al collo e alle mani, alcune delle quali erano, senza alcun dubbio, ferite da difesa".

Durante il processo di appello il PM Antonio Malagnino ha letto anche altri inquietanti passi da racconti scritti da Piampaschet. "Era stata una morte atroce, accoltellata, eppure io a distanza di giorni non riuscivo a provare rimorso. L’amavo pur avendola uccisa, ma l’omicidio era la logica conseguenza".

1.900 telefonate. Ma Daniele Ughetto Piampaschet non è stato condannato solo per le suggestioni nere dei racconti che ha scritto. A convincere i giudici è stato anche lo studio dei tabulati telefonici e delle celle agganciate dal telefono dell’uomo. Tra il torinese e la prostituta nigeriana da quando si erano conosciuti, nel febbraio del 2011, c’erano state 1.900 telefonate. Poi più nulla dalla sera della scomparsa di lei, il 27 novembre del 2011.

L’arresto e l’anno in libertà. Ughetto Piampaschet, che nel suo passato aveva un matrimonio fallito con una nigeriana, è stato arrestato nell'agosto 2012 al suo ritorno da Londra dove era andato per lavorare nel servizio di sicurezza delle Olimpiadi. Da un anno però era in libertà.

E proprio al suo comportamento in questi ultimi mesi si appella adesso il suo avvocato difensore, Stefano Tizzani. "Non ci sono ragioni per incarcerare subito il mio cliente. Il procuratore generale deve valutare l’eventuale pericolosità sociale o di inquinamento probatorio o il pericolo di fuga ma in quest’anno che il mio cliente ha vissuto libero è stato dimostrato che non sussiste alcuna di queste possibilità". Poi l’avvocato ha annunciato il ricorso in Cassazione.

L’ultimo capitolo della storia del delitto anticipato nel romanzo è ancora da scrivere.
(La Stampa)



Leggi anche


Nessun commento:

Posta un commento